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Un progetto per il Trentino
di Alessandro Olivi La politica economica del Trentino sta affrontando un periodo molto delicato, nel quale dobbiamo ancora lavorare sugli effetti della crisi, e nel contempo operare sugli aspetti strutturali, che condizioneranno la «ripartenza» del sistema locale. Un sistema che non manca di esibire invidiabili punti di forza, come la sostanziale «tenuta» degli equilibri socio-economici, che lasciano intravvedere risorse culturali, istituzionali e imprenditoriali idonee ad affrontare anche le ventate più gelide della stagione economica. Ma che ha pure elementi di fragilità: solo per citarne alcuni, pensiamo alle ridotte dimensioni delle aziende, alla loro gracilità patrimoniale, alle debolezze nei processi innovativi e nella presenza sui mercati internazionali per finire con i deficit sul versante della produttività. Dietro il sipario della crisi vogliamo perciò porre le basi per un’economia rigenerata da massicce dosi di conoscenza e di tecnologia, nella quale comparti diversi convivano in condizioni competitive e di pari dignità. La competitività conseguita attraverso la conoscenza è in effetti il crocevia della crescita ed è il punto focale dell’azione che ha spinto il governo provinciale a costruire il progetto di Progetto Manifattura a Rovereto. Un progetto figlio di una visione saldamente ancorata alle risorse più pregiate del territorio, che si declinano nell’università, nei laboratori di ricerca, in un qualificato sistema di formazione professionale, nelle infrastrutture e in una forte coesione sociale. Con Progetto Manifattura stiamo adempiendo ad un nostro dovere di governo: rafforzare il modello trentino, attraverso una «ristrutturazione produttiva» guidata dall’economia della conoscenza, dal bisogno di nuove fonti energetiche e da una più stretta integrazione fra produzione e ricerca. Su queste traiettorie ci imbattiamo nel ripensamento del «distretto industriale», oggi riconvertito nell’idea di «distretto tecnologico», inteso come una concentrazione di esperienze virtuose ruotanti attorno a obiettivi tematici innovativi. Un atteggiamento, una tensione culturale, prima ancora che un’agglomerazione competitiva di imprese, che non contraddice ma anzi qualifica ed integra quella realtà produttiva multisettoriale e multidimensionale, di cui siamo giustamente orgogliosi. Sappiamo però che affinché l’innovazione si trasformi in valore economico occorre il concorso di un’azione combinata di fattori : investimenti in ricerca, formazione di capitale umano, infrastrutture, pubblica amministrazione efficiente, qualità della vita, imprenditori innovativi e consenso sociale. Mentre gli elementi di contesto possiamo ritenere siano presenti all’interno della nostra realtà locale la questione che si pone è stata ed è come favorire il fattore dei talenti imprenditoriali e come questi si sposino con il capitale sociale del territorio e come infine queste risorse possano nel tempo rinnovarsi. Se da un lato dunque dovrà essere costantemente valorizzata la figura dell’imprenditore come fonte autonoma di innovazione si dovrà via via superare il modello di un’impresa verticalizzata ed autosufficiente per far spazio alle reti di impresa, ossia ad una struttura aperta in grado di elevare le capacità conoscitive interagendo con i saperi espressi dal territorio. Ecco dunque qual’è il significato moderno di distretto, ossia il luogo dove appunto l’innovazione si salda con l’identità dello stesso. Il progetto Manifattura vuole essere il paradigma o meglio ancora la buona pratica di come il tema dell’innovazione possa essere affrontato secondo un sistema di alleanze delle piccole-medie imprese attraverso uno sviluppo tecnologico aggregato capace di compensare i limiti dimensionali e l’assenza della funzione aggregante della grande impresa. Così intesa l’innovazione è la linfa vitale di questo modello che il governo provinciale sostiene seguendo tre idee-chiave: 1) il più potente generatore di innovazione è l’impresa: la cultura del cambiamento dei processi, dei prodotti, degli assetti organizzativi e l’evoluzione dei dosaggi merceologici del nostro sistema provengono dal dinamismo del sistema stesso. Ciò significa che non dobbiamo lasciarci infatuare da mode merceologiche, che ci propongono business astratti, non temprati dal mercato e dal sudore della fronte, oltre che dal portafoglio, della classe imprenditoriale. Dobbiamo invece sognare l’innovazione ad occhi aperti, nella forma cioè di una diffusa contaminazione dell’apparato produttivo con una più alta qualità della tecnologia e dello spirito imprenditoriale, capace di cambiare nel profondo e stabilmente i connotati strutturali della nostra economia: è quello che sta avvenendo con i nuovi business basati sulle tecnologie ambientali e sul risparmio energetico, non di rado germinati da imprese dapprima dedite ad attività tradizionali; 2) le politiche d’incentivo devono suscitare processi innovativi compatibili con le peculiarità del nostro tessuto imprenditoriale, facendo emergere attitudini potenziali ma effettive, evitando dannose imposizioni dirigistiche: l’azione pubblica deve cioè stimolare gli investimenti e i comportamenti innovativi, selezionando le imprese dinamiche rispetto a quelle «dormienti», ma non imporre scelte di campo che non le competono; 3) i poli di eccellenza – pubblici, come i laboratori di ricerca e le società di sistema, e privati, come i centri di ricerca delle imprese - sono i «tiranti» che tengono in tensione la rete delle imprese, «fertilizzandole» con iniziative ad alto contenuto di qualità, di valore aggiunto e, come si suol dire, di «futuro», in un rapporto virtuoso di integrazione/competizione. In questo ambito Progetto Manifattura avrà l’opportunità di esprimere il proprio ruolo propulsivo, che è anche un invito a reinterpretare il senso di luoghi carichi di storia, per farne scenari sfidanti sulla via dell’innovazione. L’attrattività di un sistema si gioca anche sul prestigio di questi poli e soprattutto sulla loro capacità di saldarsi con il tessuto locale. Spesso siamo ossessionati dalla necessità di aumentare la spesa per le attività di ricerca e sviluppo, mentre il vero problema è creare attorno a queste attività sistemi integrati che ne sappiano mettere a frutto i risultati. Per questo con Progetto Manifattura, non vogliamo perdere l’occasione di proporre una effettiva alleanza fra imprese e conoscenza. Senza dimenticare che la Manifattura di Rovereto non è solo una ex fabbrica ma soprattutto il luogo che diede lavoro a generazioni roveretani e che ospitò diverse innovazioni tra cui quella dell’organizzazione sociale. Ora come allora dobbiamo farne un luogo ad alta densità di capitale sociale investito. Assessore all’Industria, Artigianato e Commercio Provincia Autonoma di Trento avv. Alessandro Olivi Trento, 17 marzo 2010