La Manifatturà che verrà (da Il Trentino, 24 aprile 2010)

di Gianluca Salvatori Il progetto Manifattura parla di rinascita, non di funerali. Ne abbiamo abbastanza, come ieri diceva Marco Paolini, di spazi perduti, rinnegati, snaturati. Non per nostalgia, ma per strategia: dobbiamo mantenere vivi (o rivitalizzare) luoghi-simbolo della produzione non come testimonianze di un’epoca passata bensì come impegno per il tempo che abbiamo davanti. Non sono passati molti anni da quando nei nostri paesi, occidentali e sviluppati, la tesi prevalente era che la manifattura fosse antiquata, obsoleta, destinata al trasferimento in paesi a basso costo. Una profezia popolare, da cui derivava la tesi che le nostre economie dovessero concentrarsi prevalentemente sulle produzioni dematerializzate. Una profezia falsa, messa in discussione da una semplice constatazione: l’economia della conoscenza non può fare a meno della capacità di saper fare, anche il software ha bisogno di un hardware su cui girare. Il progetto che vuole ridare vita alla Manifattura Tabacchi di Borgo Sacco parte da qui, da una visione che contraddice la posizione estrema, ideologica, di chi credeva in una società di soli servizi avanzati e beni immateriali. Saper produrre oggetti è parte del processo della conoscenza. Preservare la capacità manifatturiera significa garantirsi un futuro ed è la prima scelta da fare in nome della sostenibilità. Ma cosa significa mantenere alla ex-fabbrica tabacchi l’identità di luogo produttivo, di manifattura? Qui la seconda constatazione: la capacità di produrre oggi si è trasformata nel profondo. E’ sempre meno il risultato di una sola impresa, di un’unica forma organizzativa. La nuova manifattura sarà conseguenza di un’integrazione tra molti elementi, interdipendenti ma distinti, che rispondono ad una logica di specializzazione e di comunicazione. Non più la fabbrica in cui entra la materia prima, a monte, ed esce il prodotto finito, a valle, attraverso gli stadi di un’unica catena ininterrotta. La Manifattura, che per centocinquant’anni ha rappresentato l‘icona della fabbrica tradizionale, deve trasformarsi nello spazio del nuovo modo di fare impresa, dove conta l’interazione tra competenze autonome – dalla ricerca, alla progettazione, al design, alla fabbricazione – che convergono per rispondere alla domanda che condizionerà lo sviluppo economico nei prossimi decenni: come produrre beni di qualità, accessibili ad un numero crescente di utilizzatori, consumando sempre meno risorse, in particolare quelle non rinnovabili? Su questo poggia la terza constatazione: per la rinascita della Manifattura non basta una generica vocazione produttiva. Occorre la scelta di imprese e funzioni che favoriscano l’aggregazione attorno ai temi della sostenibilità. Per un uso responsabile delle risorse ambientali ed energetiche. Pensando a prodotti e consumi capaci di misurarsi con le nuove domande poste dalle trasformazioni demografiche, sociali ed economiche. E’ vero: chi entra nel cortile della Manifattura tabacchi sente il respiro di una storia importante. Se non la si vuole dimenticare, dietro alla patina del tempo che avvolge quegli edifici bisogna riportare persone impegnate a creare per il futuro.